MARVELIT presenta…
MARVELIT
SPOTLIGHT
OVERDRIVE – Guida in stato di giustizia
Chiedete ad un newyorkese DOC quale sia la cosa più strana che gli sia mai capitata di vedere in vita sua.
Prima però prendete un paio di aspirine masticabili, e tenete pronto un blocco note.
Poi fate la stessa domanda ad un altro newyorkese DOC. E un altro ancora.
Entro sessanta minuti avrete riempito il blocco e sarete convinti di vivere in un universo parallelo. Sempre che qualcuno non vi abbia detto che quella è la cosa più forte che abbia mai visto in vita sua.
Benvenuti nella Grande Mela, dove i super sono di casa!
E dove un onesto corriere può fare il suo lavoro senza attirare indebite attenzioni: dopotutto, chi farebbe caso ad un’automobile nera extralusso superaccessoriata supersportiva che sta platealmente violando i limiti di velocità?
A parte la polizia, beninteso. Questi sono in gamba, non si sono fatti seminare come i loro colleghi. Devono avere capito che non intendo dedicarmi ad un’orgia di distruzione, anche se sospettassero che non sono proprio il tipico automobilista della Domenica.
Anche perché è Lunedì.
Alle 3:10 del mattino, le strade sono ragionevolmente sgombre. Il traffico mi scorre accanto come una rassegna di lumache. I pedoni se ne stanno a ciondolare sui marciapiedi in cerca di uno spacciatore, le prostitute non si mettono certo in mezzo alla strada a cercare di attirare l’attenzione, e ciliegina sulla torta, niente bambini che giocano a palla!
La vita è bella! Quasi mi dispiace che il mio eroe non sia in giro, ma è ragionevole pensare che il Lunedì sera anche lui sia distrutto e desideroso solo di farsi una bella dormita. Cavolo, anche l’Uomo Ragno avrà una vita, spero!
Sì, per i ristretti canoni culturali d’oggidì io sono un supercriminale, e il mio eroe è l’Uomo Ragno, va bene? Non tengo profumi ambientali a forma di ragnosegnale, torcia a ragnosegnale, pupazzetti, adesivi e gadget vari per niente, in questa macchina. E sono solo quelli più economici, dovreste vedere il mio magazzino! Quando smetterò questo lavoro, nel caso non avessi abbastanza soldi da parte, metterò la mia intera collezione su eBay (inclusi i profilattici della linea Web of Pleasure) e diventerò ricco sul serio.
Ma spero proprio che non debba succedere: lavoro a questa collezione da quando avevo 5 anni, beccati questa Sig. Flash ‘fanboy’ Thompson!, e mi angoscerebbe non poco disfarmene.
Il segnale del GPS mi distrae da questi pensieri: la mia destinazione è vicina.
E quei rompiscatole mi stanno ancora alle costole. Devono essere le telecamere –e per la miseria, da quando l’Amministrazione Comunale può permettersi di mantenerle? Bah, non è un problema. Tutto calcolato, tutto previsto.
C’è un garage a duecento metri sulla destra. Rallento e accendo il telecomando. La saracinesca si apre scorrevolmente, in tempo per farmi entrare, e la lascio aperta mentre le sirene dell’autopattuglia si avvicinano veloci.
L’auto della polizia si ferma davanti all’ingresso. I poliziotti segnalano rapidamente la situazione alla centrale, poi scendono a pistole spianate. Non sono due novellini, i loro movimenti sono prudenti. Magari si aspettano persino di doversela fare contro Doc Ock…
Lo so, non dovrei restare a vedere, ma le loro facce sono impagabili.
“Figlio di—“ impreca il più anziano, abbassando l’arma. Il suo collega si gratta una tempia, sollevando un po’ il lembo del berretto. “Ci ha fregati.”
Collaudo positivo, grazie ragazzi! Ho pagato fior di quattrini per fare installare un dispositivo di schermatura e uno di fasatura. Quei due poveretti si aggirano per il garage in cerca di un qualunque indizio che suggerisca l’esistenza di una piattaforma, passando attraverso la mia macchina più e più volte, fino a quando capiscono che è andata male.
Non lamentatevi, ragazzi! Pensate che debbo ancora collaudare l’armatura!
L’auto della polizia si allontana. Persino il suo motore sembra piagnucolare per la frustrazione. Ciao-ciao!
Disattivo i dispositivi e chiudo la porta del garage. Il segreto del successo sta nel risparmiare le batterie!
L’edificio è una di quelle strutture a metà fra l’agibile e la catapecchia. Fatto per i single in cerca di una sistemazione vera, ammesso che arrivino a permettersene una, e per le coppiette che vogliono risparmiare sull’albergo. Ew.
Tutti hanno in comune il bruciante desiderio di farsi i fatti loro. Con questa roba addosso i miei passi quasi sfondano i gradini, ma siamo a NY, e qualunque depo (sta per ‘depotenziato’, ma devo spiegarvi tutto?!) con un po’ di sale in zucca evita di sbirciare fuori dalla porta. I miei sensori e le mie antenne non captano nessuna richiesta di soccorso alla polizia o al numero verde dei Vendicatori. E’ come un tacito accordo: io non vi demolisco la casa, voi non fate i pettegoli.
Arrivo alla mia destinazione, all’ultimo piano. Qui gli odori dal basso si accumulano al punto che mi sembra di sentirli attraverso i filtri –e quelli sono concepiti per reggere ad una discarica concentrata!
Faccio per bussare, ma la porta si apre prima. La figura che avevo percepito dietro la misera lastra di compensato mi sembra ancora più misera di questa lastra di compensato.
E’ una donna, una donna che un tempo aveva avuto non più di 30 anni. Ora sembra una vecchia decrepita col doppio di quegli anni. Sono sicuro che puzza più del sottoscala di questo edificio. Non credo che la sua canottiera e i suoi jeans abbiano visto una lavatrice negli ultimi 30 anni. E se c’era stata della bellezza, era sfiorita sotto uno strato di sporco epidermico, di vene sporgenti ed indurite come ferro e mani ingiallite dalla nicotina. Il suo sguardo è vacuo mentre mi esamina, cercando, credo, di capire se sono vero o l’ennesimo frutto del suo ennesimo trip. Spero che non si metta ad urlare.
Non urla. Grugnisce qualcosa di inintelligibile, lo prendo per un invito ad entrare. Mi chiudo la porta alle spalle.
Sono stato nel negozio del Riparatore, e lo ricordo come un posto disordinato, dove componenti elettronici e meccanici giacevano ovunque, suggerendo all’occhio inesperto tutto tranne la loro natura potenzialmente letale, se combinati nel modo giusto.
Questo ‘appartamento’ era una discarica, punto. La sua occupante doveva essere una zombi per abitare qua dentro, non c’era altra spiegazione. Tre sacchi pieni di spazzatura, aperti, giacevano in cucina, pentole e piatti incrostati riempivano un lavello da cui spuntava la testa di un ratto forse morto. Il pavimento era scomparso sotto uno strato di avanzi di cibo, incarti, profilattici usati, siringhe usate, e materiali biologici sui quali non volevo soffermarmi.
Ci sarebbe voluto il potere di mille soli che esplodono per rimettere a posto un simile degrado.
“Hai portato i soldi?” la zombi mi chiede, fissando la valigetta con il primo lampo di luce che le vedo negli occhi.
No, ci porto un’armatura di scorta! E fa anche il caffè! Ma mi trattengo, sarebbe umorismo sprecato. Cavolo, anche Madcap si deprimerebbe con questa qui!
Metto la valigetta sul tavolo del ‘salotto’. La zombi annuisce e mi guida in una camera attigua. Da quello che vedo, capisco che è la sua alcova per gli ospiti, cioè quelli che la riforniscono di roba in cambio di un’ora di masochismo biologico. Giuro, se mi riduco così vado prima dal Punitore e gli sputo in faccia!
Quasi non mi accorgo della mano della zombi che mi indica qualcosa che giace su un materassino posto in un angolo, lontano dalla finestra e da occhi indiscreti.
Entro nella stanzetta. Sollevo il lenzuolo.
Proprio come mi avevano detto: un bambino, otto anni. Una creatura smagrita, pallida, sporca come la zombi. I sensori mi dicono che il suo sonno profondo non è naturale. Una seconda analisi conferma che sulle sue labbra è stato passato dell’oppio. Vecchia scuola per tenere buoni i pupi senza troppi complimenti.
“Gli volevo bene,” dice la zombi, osservandomi con quegli occhi spenti mentre sollevo la figura inerte fra le braccia corazzate –delicatamente of course. ‘Gli volevo bene’, mi fa. Come se per lei fosse già bello che morto. Vorrei ucciderla, e lo farei se non avessi altri impegni. Per questo non sarò un supereroe, quelli hanno le loro strambe regole sul rispetto della vita umana…
Da una tasca dell’armatura estraggo l’unico attrezzo che mi può tornare utile: un marsupio. Il Riparatore me lo ha fatto gratis, ‘sconto per famiglia’. Antiproiettile, antishock, antivomito… Speriamo di non incocciare in un mago, qui proliferano di brutto.
“Ci sono tutti?” lo zombi mi chiede mentre vado verso la porta. Senza neppure voltarmi, dico solo, “Contali.” Ed esco. Provaci tu a fermarmi, brutta %$&ç!
So cosa succede mentre scendo per le scale. Sono collegato alla telecamera nella valigetta.
La vedo sull’HUD mentre sorride forse per la prima volta da quando credeva negli unicorni felici. La vedo che prende una mazzetta di banconote da 100 dollari e se la fa frusciare tra le dita. Potrei anche credere che riuscirà a farsele durare per almeno un mese a furia di comprare merce di prima qualità, prima di tornare a vendersi per la roba più scadente—
“Fermo!!”
Occavolo. Non ci credo, sono i due poliziotti dell’autopattuglia: se ne stanno lì, in posa di sparo, nell’androne. Ero talmente perso nel mio show da non essermi accorto della loro presenza. Complimenti, Overdrive, questa è meglio che non la racconti al Bar Senza Nome o la prossima missione la danno alla Macchia!
“Solleva le mani, lentamente, e tieni i palmi rivolti all’indietro!”
Obbedisco, ma non certo per paura che mi facciano del male. Sono più interessato a guadagnare tempo, mentre osservo lo spettacolo sull’HUD.
“…bambino?” chiede il più giovane dei poliziotti, avvicinandosi con prudenza.
“Zitto,” dico io.
I due si scambiano un’occhiata perplessa.
Sullo schermo, la zombi sta contemplando con la curiosità degna della propria condizione il miniregistratore attaccato sotto al coperchio della valigetta. L’apparecchio era stato programmato per attivarsi a cinque minuti dal momento in cui mi fossi allontanato a sufficienza.
“Da dove salta fuori quel bambino?!” mi chiede il poliziotto anziano. Sembra che finalmente si siano resi conto che non possono davvero sparare con un simile bersaglio attaccato al mio petto.
“Ho detto zitto, mi perdo il momento clou.”
Altra occhiata perplessa.
Sullo schermo, la voce preregistrata del mio datore di lavoro dice, “Ti amo anch’io, tesoro. Buon compleanno.”
Il suono di un’esplosione scuote il palazzo. Un attimo dopo, cominciano a cadere dei calcinacci. L’allarme antincendio si mette a suonare. Gli inquilini capiscono che la tregua è finita e corrono fuori in preda al panico.
I poliziotti hanno perso il controllo della situazione, e io mi limito a camminare fra di loro, salutandoli con un cenno. “Divertitevi, ragazzi.”
Tornato al garage, scopro che la macchina…è stata portata via.
Mi cascano le braccia –quindi, non era una leggenda metropolitana, hanno davvero dei veicoli attrezzati per il sequestro dei superveicoli! Ma non è giusto, porcaccia miseria! Ora mi toccherà ricomprare tutti i gadget dell’Uomo Ragno che avevo a bordo!
Memo: aggiungere Tony Stark alla lista dei nemici.
Mi volto e mi dirigo verso l’auto della polizia. Meno male che sono uno creativo, come diceva quella buon’anima di mammà, anche se non sono sicuro che approverebbe quello che sto per fare…
“Ehi, tu! Che stai facendo?!” dice il poliziotto più giovane, mentre il suo collega cerca di tenere il casino sotto controllo. Stava facendo rapporto alla centrale. Lo afferro per il colletto e lo sbatto a terra senza tante cerimonie.
“Caso di emergenza.” Salgo a bordo. Chiudo il contatto radio e attivo i miei piccoli amici.
I miei piccoli amici sono naniti. Se programmati nel modo giusto possono fare tante cose utili –operazioni mediche, estetiche, darti i superpoteri, farti votare con il cervello…e trasformare qualunque veicolo io voglia in una sua versione supercar.
Entro dieci secondi, sono alla guida della migliore autopattuglia che i ragazzi in blu abbiano mai posseduto. Schizzo facilmente fra i veicoli di soccorso in arrivo. Due pattuglie mattacchione fanno manovra al volo e mi inseguono. Intercetto un diluvio di messaggi sul canale della centrale. Fra poco arriveranno i primi supereroi, e dovrei preoccuparmene, ma ho la curiosa sensazione di avere dimenticato qualcosa…
Ah, già. Il bambino. Ma che posso fare, non ci sono i seggiolini speciali e non ho il tempo di comprarne uno.
Memo: programmare i prossimi naniti per aggiungere un seggiolino per bambini e un trasportino per animali. Responsabilità innanzitutto!
Avessi avuto la mia macchina, ora sarei già a destinazione, ma così rischio di attirare la pula proprio dal mio cliente. Ho l’impressione che non apprezzerebbe. Perciò, ora di fare casino!
Ad un mio comando (adoro le piccole frasi drammatiche!), il set di luci e sirene della mia supercar parte a manetta! Come fisica vuole, per prima parte un’ondata di luci multicolori così abbaglianti da bruciare le retine! Questo disorienta i poliziotti. Li sento sbandare, mentre un attimo dopo parte un’onda sonora che manda in frantumi i vetri nel raggio di un paio di isolati. Inclusi quelli dei veicoli al mio inseguimento.
Questo darà qualcosa da fare a quei babbei, ed eventualmente ai loro superamici. Per quanto mi riguarda, meglio correre il rischio e disattivare i miei piccoli amici, ad eccezione di quanto basta a modificare ogni identificativo del veicolo preso in prestito. (io non rubo, sia chiaro! Rubare è per i teppistelli disperati, sono un professionista io!)
Purtroppo, la mia professionale soddisfazione è di breve durata: il bambino comincia a rantolare. I miei sensori mi trasmettono un quadro clinico allarmante.
Pare che finalmente i continui abusi abbiano deciso di presentare il conto. Sono sempre più felice di avere suggerito lo stratagemma della bomba.
Sono meno felice di dovere deviare dalla rotta per andare in ospedale. Seccante, ma inevitabile: se la merce muore, sarò io a finire sulla lista nera delle persone sbagliate. Chissà se alla LTD accettano autisti?
L’ospedale è quello che il nome suggerisce.
Quello che il nome non suggerisce è la gestione.
Se i superbuoni hanno chi li cura, qualcuno deve farlo anche per noi dell’altra sponda.
Non abbiamo bisogno che simili strutture abbiano un nome, non abbiamo certo bisogno di farci pubblicità. Ma rifiuto di chiamarlo ‘Ospedale Senza Nome’. Mi basta sapere dov’è e che quando mi presenterò all’ingresso con un ragazzino in un marsupio nessuno si metterà a sghignazzare o a fare domande insulse.
La prima perché questo posto pullula di supercriminali, e scatenare una rissa non sarebbe una buona idea.
La seconda perché nel nostro mestiere non esistono domande insulse, e lo staff deve solo preoccuparsi di fare un buon lavoro o pagare il sommo prezzo in caso di negligenza.
Non sorprende che non ci siano volontari, qui. Almeno, i dottori sono strapagati e hanno il top delle attrezzature: quando un supereroe si chiede come facciamo a tornare in azione dopo essere stati ridotti in fin di vita, dovrebbe passare di qui.
Mentre attendo l’esito delle analisi in una sala d’attesa che sembra il ponte della Voyager, l’attenzione mi cade sugli altri, coloritissimi astanti, alle loro ammaccature (e non in senso figurato, un paio hanno davvero bisogno del meccanico), gli strani colori delle loro aure...
“No, Madame,” dice una receptionist. “Non posso metterla in contatto con il Dottor Zola. Lui è reperibile solo il venerdì, ma se è urgente...”
“Sì, Monsieur, penso che si tratti solo di una reazione allergica, lei non sta perdendo il controllo del suo potere di trasmutazione...”
Chiedo ad un’infermiera uno dei loro telefoni. Quelli sono sicuri, e soprattutto i soli ad essere ammessi. Anche ai telepati è proibito comunicare con l’esterno. Peggio che essere all’Ambasciata di Latveria!
Composto il numero, mi risponde subito la voce del mio datore di lavoro. “Spero per te che non siano cattive notizie, Overdrive. Sei già in ritardo sulla consegna.”
“Ne sono al corrente. Sono all’ospedale.”
La calcolata freddezza nella voce al telefono si incrina in un brutto ringhio. “Ospedale? Cosa è successo?!”
Gli spiego la situazione. “Non conosco ancora i risultati delle analisi, ma non sarei sorpreso se fosse finito in una specie di coma. Il ragazzo veniva drogato a colpi di pasta d’oppio. Come potesse essere ancora vivo, è un miracolo di per sé.”
“*sigh* Colpa mia, avrei dovuto informarla che abbiamo le...qualità fisiche per resistere a simili sollecitazioni. Apprezzo la sua sollecitudine, Overdrive, ma adesso riprenda il ragazzo e lo riporti a me, prima che—“ Il resto delle sue parole si perde nel frastuono del muro che esplode!
Gli astanti non hanno neppure il tempo di reagire: qualcosa di grosso, di molto grosso, schizza via dal varco che si è appena creato! Colgo solo un bagliore di occhi ferini nello spettro visivo, unitamente ad un’ombra muscolosa. Quello che mi dicono i sensori è un tantino peggio.
Bestemmio fra me e me, ma corro comunque verso l’uscita, un attimo dopo che la creatura l’ha attraversata come se le porte rinforzate fossero state di cartone!
Corro verso la rampa delle ambulanze, mi avvicino ad un veicolo il cui autista sta sorseggiando un caffè, appoggiato alla portiera. Lo spingo brutalmente da parte. “Questa mi serve!”
L’autista rotola a terra. “Ehi! Ma chi credi di essere! Lo sai quanto costa una di queste?!”
Gli lancio la mia carta di credito. “Emergenza, bello!” Attivo i naniti.
Il motore parte in quarta, mentre il quattroruote va in modalità ‘super’! Schizzo all’inseguimento.
Per fortuna, avevo avuto la preveggenza di piazzare una cimice sottocutanea. Per ora, mi serve solo a mostrare quanto veloce fosse quel coso! Di questo passo, anziché catturarlo, lo avrebbero omologato!
Premo sull’acceleratore, mentre usando la radio di bordo convertita mi rimetto in contatto col mio datore di lavoro. “Con tutto il rispetto, signore, potevate dirmelo prima che era un licantropo?!”
“No. Eri pagato per prendere mio figlio, eliminare la scimmia che me lo aveva rubato, e restituirmelo vivo.”
“Okay, okay, ma...un momento, ha detto ‘scimmia’? Anche lei è un..?”
La voce dall’altra parte ha abbandonato la pretesa di essere umana. Stavolta mi fa rabbrividire, e dire che sono newyorkese anch’io. “Lo sono. Ho commesso l’errore di innamorarmi della persona sbagliata. Lei se n’è andata con la mia discendenza nel suo grembo.
“Nella mia famiglia, i maschi sono molto precoci nel mostrare i primi segni della metamorfosi.”
All’anima del precoce! Conosco un paio di spacciatori di OCM che gli venderebbero la primogenitura per un po’ di quel DNA.
“Un giorno, la maledetta mi ha scritto dicendomi che avrebbe trovato un modo di tenere buono il mostro dentro Eric per sempre. Quando ho scoperto che aveva cominciato a prostituirsi e a drogarsi, ho capito cosa intendesse.”
“E mi ha mandato a prenderlo per evitare che la vostra comunità soffrisse un brutto caso di pessime PR. Lo capisco, e lo ammiro, soprattutto perché devo lavorare in tempi di crisi, ma ora un po’ di aiuto non guasterebbe. Non avete anche voi quel vostro supergruppo, il Power Pack?”
“Loro ci servono a Lycopolis, per l’imminente esodo, ma se credi di non potercela fare...”
Non è un’impressione mia, quello se la sta sghignazzando sotto i baffi! “Ce la faccio! Vorrei solo non doverci mettere tutta la notte, o che arrivino degli altri super a guastare la festa. L’ultima cosa che ci serve è—oh, eccolo lì! Qui, cucciolino cucciolino...”
“Ha detto qualcosa?”
“Sì: che spero non vi iscriviate all’ACLU. E ora scusi, devo riportare il piccolo Remi dal papà!” Accelero ancora. Per fortuna il moccioso era già stanco e non riesce più a tenere il ritmo. Lo supero, e subito dopo spalanco le portiere posteriori. E freno!
Un attimo dopo, odo il dolce suono della sua mezza tonnellata che si fracassa contro le attrezzature e le pareti del mezzo e il lamento della mia carta di credito. Chiudo le portiere e riparto a razzo.
Indebolito o no, il pupo ruggisce e colpisce le pareti con ancora abbastanza forza da demolire un mezzo dei depo. Improvvisamente mi sento felice che questi pelosoni non ci abbiano dichiarato guerra. Non credo che potrei sopravvivere ad un giorno di liceo con bulli simili!
Ma di che mi lamenterò, poi? Ho recuperato il carico, pagato i danni, perso una macchina nuova, sono ricercato per omicidio, e—
*thump* Anche il bestione si cheta un momento, nell’udire l’inconfondibile suono di piedi sul tetto della cabina.
“Odio il lunedì!”
“Ci conosciamo?” dice l’Uomo Ragno, sporgendosi a testa in già contro il parabrezza.
Mi correggo: il lunedì può avere i suoi fringe benefits. Rallento e accosto. Il mostro nel vano continua a scalmanare.
Abbasso il finestrino e mi sporgo fuori. “Scusa, ma proprio non posso venire fuori. Paziente difficile.”
LUI rimane accovacciato sulla cabina, a guardarmi a testa in giù. “Questo lo vedo anch’io, ma credo che dovrò comunque farti la multa.”
Gli faccio cenno di attendere, mentre apro uno scomparto dell’armatura. Ne estraggo un libretto degli autografi ed una penna a scatto con il logo della maschera. “Concilio in cambio di una firma. Sono il tuo fan numero uno!”
Giuro che mi sembra di sentire i suoi occhi sbattere sotto quelle lenti bianche. Poi mi tende la mano. “Almeno è originale. Da’ qua.” Prende il materiale, e guarda la penna che mostra la sua silhouette strisciare lungo un edificio. “Tutti a me...” Fa scattare la penna.
“Oh, mi raccomando: ‘con simpatia’.”
Lui firma e mi restituisce il tutto. “Ora potresti scendere? Altrimenti ci metto un bel biglietto ‘con i complimenti del tuo amichevole vicino di casa.’ Litigare a quest’ora del mattino mi mette di pessimo umore, e poi sono stato dal dentista.”
Faccio spallucce. “Neanch’io voglio litigare, e non con te, e per due ottime ragioni: primo, ho un carico mordace da consegnare, e secondo, tu non sei più in grado di fermarmi.”
“Cosa..?” E solo in quel momento, dal modo in cui si irrigidisce, capisco che il suo Senso di Ragno sta lanciando allarmi. L’Uomo Ragno vacilla, poi scivola giù sul cofano, reggendosi a stento. “Che mi hai..?”
“Scusa, segreto professionale. Ci si vede, e grazie!” Gli mostro il libretto un attimo prima che lui perda conoscenza. “Lo serberò con cura!”
L’Uomo Ragno cade a terra, io avvio la superambulanza e parto a manetta. Il mio eroe non è uno stupido, un giorno lo capirà che quando ha fatto scattare la penna, si è beccato un’iniezione di naniti che sul momento erano perfettamente innocui. Solo quando si sono attivati, sono diventati un pericolo per la sua salute.
Farò anche meglio a non vantarmene, al bar, o mi saranno addosso di brutto per non avergli dato il colpo di grazia –gente strana, poi, i miei colleghi. Sempre pronti a criticare gli altri per essersi lasciato sfuggire l’eroe, ma poi non dicono mai perché fanno lo stesso identico errore!
Strani!
Il resto del percorso fila liscio. Lupetto si è stancato, e non voglio svegliarlo per chiedergli come va.
Questa è la mia final destination, il porto. Sono in ritardo di circa quaranta minuti. Il mio datore di lavoro mi osserva dal suo molo personale. Lui è un tipo segaligno di mezza età, accompagnato da tre o quattro energumeni –e ora capisco che loro sono lo specchietto per le allodole, se sono licantropi a loro volta. Uno pensa di fare fuori loro e poi via facile...ma per il suicidio, se lupetto ha preso tutto dal papino.
Non scherzavo, prima, sulla questione Pubbliche Relazioni: Mr. Flamingo (un lupo mannaro che si chiama così? OMG, per fortuna che non l’ho saputo prima o mi sarei messo a ridere!) è in mezzo a traffici non proprio puliti. I Fratelli Lobo non erano i soli a usare i propri talenti per il crimine organizzato...
Ma, come si dice, pecunia non olet. Scendo dall’automezzo, seguito dal branco e dai loro occhi diffidenti, e vado ad aprire i portelli. Dentro, la bestia ha lasciato posto al ragazzino indifeso.
Mr. Flamingo mi spinge da parte come se fossi io un ragazzino, e va a prendere suo figlio. Un suo sgherro mi allunga una valigetta identica a quella che ho dato alla ex del mio datore di lavoro. Spero che non sia imbottita di C4. Un altro sgherro piazza un paio di cariche sull’ambulanza. Ora che sono stato lontano a sufficienza, i miei piccoli amici si sono disattivati da soli. Resteranno solo frammenti grossi come stuzzicadenti. “C’è qualcos’altro che posso fare per voi?”
“Non parlarne con nessuno, come da accordi,” è la laconica risposta.
“No prob. Se avete bisogno di un corriere, sapete dove chiamarmi.” Mi incammino verso la strada. Non sarà difficile trovare un mezzo da convertire...
Quando arrivo di fronte ad un camion non proprio in gran forma, un *blip* attrae la mia attenzione.
Un *blip* dalla valigetta.
Come odio avere a che fare con i paranoici. Obbe’, almeno volevo collaudarla, l’armatura...
FINE